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La legge Cirinnà (n. 76 /2016) definisce come convivenza quella condizione di "due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile".
La convivenza é dunque una situazione di fatto e riguarda le coppie che convivono, di sesso diverso o di entrambi i sessi, non vincolate da rapporti di parentela o da matrimonio o da unione civile.
Non una qualsiasi convivenza é rilevante ai fini della Cirinnà, ma solo quella che si fonda su stabili legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.
Solo quando si è in presenza di questi elementi, i conviventi possono richiedere al Comune dove risiedono di "registrare" la loro convivenza, con la conseguenza che verrà rilasciato un certificato di stato di famiglia come le coppie sposate. Questa è la certificazione di convivenza di fatto che, ai sensi dell'articolo 1 comma 37 della legge Cirinnà, viene rilasciato dall'ufficio anagrafe del Comune.
L'ufficiale dell'anagrafe attesta che i componenti della coppia formano una "convivenza di fatto". Nella certificazione verrà indicata inoltre l'eventuale registrazione del contratto di convivenza.
Per dimostrare quindi l'esistenza della convivenza di fatto è necessaria la certificazione rilasciata dal Comune.
I conviventi che vogliono godere quindi delle garanzie, dei diritti previsti dalla disciplina della convivenza di fatto devono quindi ufficializzare la loro convivenza attraverso una dichiarazione anagrafica e la successiva registrazione nei registri anagrafici del Comune di residenza.
Si pone il problema se questa certificazione anagrafica sia costitutiva del rapporto di convivenza o meramente dichiarativa. In altri termini: è necessaria questa dichiarazione anagrafica per far risultare l'esistenza della convivenza di fatto? E nel caso in cui manchi questa certificazione, si può parlare ugualmente di convivenza di fatto? E quindi: i diritti previsti dalla legge Cirinnà si applicheranno anche alle convivenze che non trovano espressione in una certificazione anagrafica?
Certamente la certificazione anagrafica ha un fondamentale valore probatorio, in quanto attesta l'esistenza del rapporto tra i due partners e quindi é uno strumento privilegiato di prova.
Elemento costitutivo della convivenza non deve essere un elemento formale come la certificazione anagrafica, ma alla base deve rimanere il legame affettivo tra i conviventi: la convivenza é una situazione di fatto e non formale, come lo sono il matrimonio e l'unione civile.
In questo senso sembra orientata anche una recente sentenza della cassazione che ammette le garanzie della legge Cirinnà anche a situazioni di convivenza non risultanti dalla certificazione anagrafica.
La convivenza di fatto risultante da certificazione anagrafica attribuisce determinati diritti ai conviventi.
Nel caso di separazione della coppia, non è dovuto l'assegno di mantenimento, come nel caso di coppie sposate, ma una qualche forma di tutela é prevista per il convivente più debole.
I conviventi possono regolare i loro rapporti patrimoniali da un contratto, il contratto di convivenza.
Il contratto di convivenza non è obbligatorio ma è utile per regolare diritti e doveri patrimoniali della coppia poiché chiarisce quel generico obbligo di assistenza materiale e su quale dei partner gravi, chiarisce come suddividere le spese di mantenimento della famiglia e dei figli eventuali, può regolare il bene casa, può stabilire il regime di comunione legale degli acquisti, le condizioni e le modalità della contribuzione di ciascun convivente alla vita comune, definisce a chi fa carico la rata di mutuo, o le spese di sistemazione della casa e molto altro.
Il contratto di convivenza può essere ricevuto da un notaio o da un avvocato e deve essere trasmesso all'anagrafe del Comune dove la coppia ha la residenza registrata.
Può anche regolare gli aspetti patrimoniali al momento della cessazione della convivenza.
La convivenza si scioglie per accordo delle parti o per recesso unilaterale di uno dei conviventi oppure per matrimonio, unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un'altra persona.
Alla morte del convivente, al convivente superstite non spettano particolari diritti successori, nè la pensione di reversibilità, se non:
Resta pur sempre la possibilità mediante testamento di attribuire al convivente determinati beni o diritti.
La giurisprudenza, anche prima della legge Cirinnà, é stata più sensibile del legislatore a riconoscere forme di tutela alle convivenze di fatto soprattutto ai componenti più deboli economicamente e ai figli nati nel corso del menage, ricorrendo ai principi generale di solidarietà di coppia, di assistenza materiale e morale dei patners e dei figli.
Il Notaio Mario Sartori di Grezzana iscritto al Collegio Notarile di Verona é disponibile a dare consulenza sulla materia e per la redazione di contratti di convivenza ai fini di una corretta regolamentazione degli aspetti patrimoniali fra i conviventi.