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Nell'attuale epoca della globalizzazione può capitare che aziende o privati debbano sottoscrivere con persone provenienti da Stati esteri dei contratti di varia natura, quali la compravendita di beni immobili ed altri diritti reali ovvero altri tipi di investimenti come l'acquisizione di imprese esistenti o di quote di esse, creazioni di imprese nuove, assunzioni di cariche sociali ed altre operazioni societarie , diritti d'autore e di proprietà industriali.
I cittadini stranieri, infatti, che non fanno parte dell' Unione Europea possono compiere atti giuridici validi analogamente ai cittadini italiani: in questi casi si presentano elementi di internazionalità per cui va verificata la legge applicabile ed accertata la condizione di reciprocità.
Inoltre i cittadini extracomunitari, ma che sono regolarmente soggiornanti in Italia, possono compiere atti giuridici validi se la permanenza sul territorio italiano è legittimata dal permesso di soggiorno in corso di validità.
In Italia prima della fine della Monarchia la materia era regolata dalle c.d. preleggi. Nell'articolo 16 del Regio Decreto 262 del 16 marzo 1942, di approvazione del codice civile, si affermava che: “lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali . Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere".
Successivamente sono intervenuti il D. L.vo 31/05/1995 n. 218, Legge di riforma del diritto internazionale privato e, a seguito della normativa comunitaria, il D. L.vo 286 del 25/07/1998 sull'immigrazione e sulle condizioni dello straniero, nel quale è previsto che i diritti dei cittadini extracomunitari siano parificati a quelli dei cittadini italiani attraverso la citata condizione di reciprocità.
Il concetto della reciprocità nell'articolo 16 (c.d. preleggi) del Regio Decreto 262 viene descritto bene: è “il riconoscimento della capacità dello straniero di essere titolare di talune posizioni giuridiche soggettive riconosciute dall’ordinamento italiano per effetto del riconoscimento di una analoga capacità al cittadino italiano da parte dello Stato di cui lo straniero in questione è cittadino”.
In sostanza la reciprocità sussiste se l’ordinamento dello Stato del cittadino straniero riserva al cittadino italiano le medesime condizioni.
Esistono dei cittadini stranieri ai quali è dispensata la verifica della condizione di reciprocità. Secondo il Decreto Legislativo 286 del 25 luglio 1998 (T. U. sull'immigrazione ed relativo regolamento di attuazione n. 394 del 31 agosto 1999 ) sono parificati ai cittadini italiani:
• i cittadini (persone fisiche o giuridiche) degli Stati membri dell’UE nonché i cittadini dei Paesi SEE (Islanda, Liechtenstein e Norvegia);
• i cittadini extracomunitari che si trovano in Italia con carta di soggiorno o permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, di lavoro autonomo, per l’esercizio di un’impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari e per motivi di studio;
• gli apolidi residenti in Italia da almeno 3 anni;
• i rifugiati residenti in Italia da almeno 3 anni.
Per gli stranieri presenti alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti inviolabili e fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dal diritto internazionale generale.
Per tutti gli altri cittadini, o società extracomunitarie, salvo che non siano state ratificate in Italia particolari Convezioni Internazionali, accordi bilaterali o Trattati multilaterali in materia di promozione e protezione degli investimenti, (Bilateral Investment Treaties o BITs) si applicherà detto principio di reciprocità.
Il Notaio richiesto della stipulazione di atti da parte di soggetti extracomunitari deve verificare il soddisfacimento della condizione di reciprocità ed anche il possesso del permesso di soggiorno valido.
Spesso si tratta di un acquisto di un immobile o dell’avvio di un’impresa, come già detto: in questi casi il notaio è chiamato ad un’analisi che deve essere necessariamente condotta caso per caso, consultando il Ministero degli Affari Esteri Italiano, che comunica i dati relativi alle verifiche del godimento dei diritti in questione da parte dei cittadini italiani nei paesi di origine degli stranieri: l’esito finale dipende sia dalla tipologia di atto sia dalla legge nazionale del soggetto straniero che si propone di compierlo.
La reciprocità può, infatti, non sussistere nel caso in cui, una volta accertata la mancanza di un perfetto parallelismo tra i due ordinamenti posti a confronto, nell’ordinamento straniero la fattispecie ricercata sia del tutto inesistente o, se esistente, al cittadino italiano non sia riconosciuta la capacità di compiere l'operazione.
Può capitare che lo straniero non conosca la lingua italiana e per questo gli studi notarili si avvalgono di traduttori professionisti. Il contratto deve essere stipulato, infatti, in ambedue le lingue, italiana e straniera, e comunicato tramite l'interprete alla presenza di due testimoni che devono conoscere la lingua straniera.
Il cittadino straniero impossibilitato a partecipare all'atto in Italia può avvalersi di un procuratore, cioè di un soggetto delegato, mediante procura da rilasciarsi da una autorità diplomatica o da un notaio dello stato di appartenenza.
La sussistenza della condizione di reciprocità all’interno dell’ordinamento giuridico italiano è una chiara espressione della volontà politica di non concedere ai cittadini stranieri situazioni di maggior favore rispetto a quelle che i cittadini italiani avrebbero nel Paese da dove questi provengono (principio della sovranità statuale).
Una volontà politica che permane anche oggi, nonostante le epocali trasformazioni socio-economiche dal Regno d’Italia ad oggi, e risponde alle esigenze di uguaglianza e uniformità di comportamento, di cautelare l'esecuzione degli obblighi internazionali assunti, di tutelare gli interessi dei propri cittadini.
L’applicazione di questa condizione giuridica, la reciprocità, non è mai stata messa in dubbio ed è stata continuamente ribadita non solo dalla prassi quotidiana (in particolare quella dei notai), dalla prassi amministrativa, dalla dottrina e dalla giurisprudenza (anche recente), ma pure dallo stesso legislatore, che continua a prevederne l'applicabilità nei vari interventi legislativi.