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Sappiamo un po’ tutti, nella vita quotidiana, che cosa s’intende per donazione: è sostanzialmente un regalo. In ambito giuridico, il significato è identico, con la differenza che il legislatore ha dovuto necessariamente provvedere a regolarla e disciplinarla. Nella realtà normativa, la donazione ha, in effetti, una disciplina abbastanza complessa e, di conseguenza, ciò la rende di difficile comprensione per il cittadino comune. In particolare, il problema che solitamente emerge è quello dell’impugnabilità: donare un bene a qualcuno, rende il trasferimento definitivo ed inattaccabile?
Sappiamo un po’ tutti, nella vita quotidiana, che cosa s’intende per donazione: è sostanzialmente un regalo. In ambito giuridico, il significato è identico, con la differenza che il legislatore ha dovuto necessariamente provvedere a regolarla e disciplinarla. Nella realtà normativa, la donazione ha, in effetti, una disciplina abbastanza complessa e, di conseguenza, ciò la rende di difficile comprensione per il cittadino comune.
In particolare, il problema che solitamente emerge è quello dell’impugnabilità: donare un bene a qualcuno, rende il trasferimento definitivo ed inattaccabile ? Quali sono, invece, gli scenari che si potrebbero prospettare? In particolare, come possono reagire i legittimari, cioè i figli e il coniuge del donante? Ebbene, lo scopo di quest’articolo è di chiarire al lettore i dubbi in materia di donazione e della possibile azione di riduzione.
Ho donato la mia casa a uno dei miei figli: cosa significa la donazione può essere oggetto di riduzione? La legge ci impone di trattare in modo uguale i nostri figli. Fatta questa premessa, occorre dire che, alla morte di un genitore, avviene, secondo la normativa vigente, una specie di resa dei conti. Bisogna, infatti, considerare non soltanto i beni presenti in quel momento, ma anche quelli oggetto di donazione in vita: il valore complessivo di tutti questi, rappresenterà l’intero patrimonio del defunto. Detto questo, la donazione, oggetto della domanda, potrebbe aver leso il diritto degli altri figli ad avere una quota, uguale o secondo legge, di patrimonio.
In altri termini, se possedete una casa e tre figli, non potete permettervi di regalarla soltanto ad uno di essi: gli altri due, infatti, potrebbero agire, alla morte del genitore, con l’azione di riduzione.
Attraverso questo strumento giuridico, i figli pregiudicati nel loro diritto, avranno modo di recuperare la quota di loro spettanza. Il figlio favorito dovrà quindi riconoscere la parte dovuta agli altri fratelli, anche, eventualmente compensando in denaro la quota predetta. Non dimenticate mai che anche il coniuge vivente ha diritto ad agire in riduzione. Ho donato una casa a mio figlio: posso impedire l’azione di riduzione degli altri figli o del coniuge? Se concorrono una serie di condizioni è possibile che un bene, oggetto di una donazione, non sia poi soggetto alla riduzione.
Il metodo adottato più frequentemente, ma non per questo meno complesso, è quello d’imputare la donazione fatta alla cosiddetta quota disponibile. Questa è quella parte di patrimonio che ognuno può decidere di devolvere liberamente a chiunque. Facciamo un esempio: alla presenza di due figli e del coniuge, la quota disponibile è pari ad ¼. Sottraendo quest’ultima all’intero patrimonio, avremo un residuo, pari a ¾, che dovrà poi essere diviso tra gli eredi (che in questo caso sono tre, coniuge e due figli e, quindi ¼ per uno).
A questo punto appare evidente che il figlio beneficiato potrebbe ricevere, senza avere problemi futuri, la metà del patrimonio del padre (¼ + ¼). In conclusione, se il valore della casa donata, non supera quello della quota sopra descritta o, a maggior ragione, quello della disponibile, la donazione realizzata non potrà essere oggetto di riduzione. Per ottenere questo risultato dovete fare bene i vostri conti, avendo altresì cura d’imputare alla disponibile, la donazione fatta al momento dell’atto notarile. Rammentate, inoltre, che se il vostro patrimonio dovesse mutare in futuro, in peggio o in meglio, sarà inevitabilmente necessario ricalcolare le proporzioni. Non disdegnate, pertanto, l’idea di fare testamento, in cui prospettate ciò che desiderate in merito, aggiornandolo in caso di mutamento delle condizioni del vostro patrimonio.
Ho ricevuto in donazione da mio padre la casa di famiglia e, successivamente, l’ho venduta: gli altri miei fratelli o mia madre possono agire in riduzione? Certamente sì, se è stato leso il loro diritto ad avere la quota ereditaria di spettanza prevista dalla legge.
Alla morte del genitore, l’azione di riduzione si potrà rivolgere sia nei riguardi del fratello favorito sia nei confronti dell’acquirente dell’immobile donato. Affinché quest’ultimo possa ritenersi tranquillo è necessario che siano trascorsi almeno vent’anni dalla trascrizione dell’atto di donazione, senza che via stata alcuna opposizione. I legittimari, cioè i fratelli ed il coniuge, hanno, infatti, diritto di opporsi alla donazione, impedendo il decorso del predetto termine. Questo effetto rende quindi complicato vendere un bene donato, poiché l’acquirente potrebbe vedersi pregiudicato in futuro il proprio acquisto.
Ho ricevuto in donazione da mio padre, ormai deceduto, la casa di famiglia e vorrei venderla: come posso impedire che i miei fratelli o mia madre possano agire contro il compratore? In primo luogo, se sono trascorsi vent’anni dalla trascrizione della donazione ricevuta, e non c’è stata opposizione, la casa è trasferibile senza alcun problema. L’acquirente potrà ritenersi tranquillo circa il pericolo di subire gli effetti di una riduzione.
Se non è trascorso il predetto termine, occorre precisare quanto segue: – se sono trascorsi più di dieci anni dalla morte del genitore che vi ha donato la casa, l’acquisto è diventato inattaccabile. I legittimari, infatti, possono agire in riduzione soltanto entro il termine prescrizionale di dieci anni dalla morte del donante. Pertanto, nel caso descritto, il compratore potrà procedere tranquillamente all’acquisto senza temere alcun problema in merito; – viceversa, se non sono ancora trascorsi i dieci anni fatidici, i vostri fratelli o vostra madre, potrebbero ancora esercitare il proprio diritto: per ovviare a questo problema, i legittimari anzi detti dovranno rinunciare all’azione di riduzione. In questo modo potrete vendere serenamente l’immobile e l’acquirente non temerà incidenti di sorta.
Ho ricevuto in donazione da mio padre, ancora vivente, la casa di famiglia e vorrei venderla: come posso impedire che i miei fratelli o mia madre possano agire contro il compratore? In questo caso i problemi sono maggiori. Quantificare, alla data dell’eventuale compravendita, il patrimonio del genitore e stabilire se, o meno, la donazione lede i diritti degli altri, è un’operazione sostanzialmente inutile: non è possibile, infatti, sapere, cosa succederà in futuro e se il patrimonio andrà a peggiorare o migliorare. Detto ciò, potrebbe essere importante ottenere dai legittimari la rinuncia all’opposizione. Attraverso quest’ultima i fratelli o il coniuge non potranno, infatti, impedire il decorso dei vent’anni. Ad esempio, se sono passati quindici anni dalla donazione, nell’ipotesi descritta occorreranno soltanto altri cinque anni per rendere inoppugnabile il tutto. Fatta questa premessa, è chiaro che per l’acquirente, una situazione del genere rappresenta un pericolo, ma non una certezza.
Ad esempio è valido il preliminare di compravendita di un immobile, se, in attesa del definitivo, il compratore scopre la provenienza dalla donazione: il pericolo di una rivendicazione non è, infatti, attuale e concreto, ma solo eventuale. Tuttavia non si può negare che, le citate circostanze rendono meno appetibile e conveniente un acquisto del genere. Donante in vita e risoluzione per mutuo dissenso della donazione Questo rimedio consente di risolvere la donazione. Si tratta di un contratto scritto, tra il donante e il donatario, in cui si accordano per risolvere la liberalità in questione. In questo modo la donazione si avrà come mai avvenuta e il bene tornerà nella disponibilità giuridica del donante.
Quest’ultimo procederà quindi a vendere l’immobile e a donare poi il corrispettivo al donatario, cioè a chi, originariamente, aveva ricevuto il bene in donazione. È una soluzione che dovrebbe tranquillizzare abbastanza il compratore, anche se la domanda nasce spontanea : questa sorta di donazione al contrario è, a sua volta, un atto opponibile ed impugnabile, questa volta, dagli eredi legittimari del donatario? È giusto sapere che il consiglio nazionale del notariato esprime perplessità sulla legittimità dello strumento descritto.
Donante in vita e fideiussione a carico dei legittimari In questa ipotesi, l’acquirente è garantito da una fideiussione a carico dei legittimari. Questi, se decidono in futuro di agire in riduzione, dovranno poi versare l’importo oggetto della garanzia fideiussoria : in pratica da un lato riceveranno e dall’altro dovranno dare. Appare pertanto, evidente, che i legittimari saranno a dir poco disincentivati dall’agire in riduzione.
Tuttavia, questa soluzione non appare convincente per il seguente motivo: secondo la legge il diritto alla quota dei legittimari deve essere libero da pesi e condizioni, qual è, invece, la fideiussione anzi detta. Per questa ragione, la garanzia concessa è nulla e il compratore si ritrova di nuovo esposto al pericolo dell’azione di riduzione. Anche a tale riguardo, il consiglio nazionale del notariato esprime perplessità sull’opportunità e legittimità dello strumento descritto.
Fonte: www.laleggepertutti.it