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È discusso se sia possibile costituire una servitù di parcheggio sul fondo altrui.
Spesso nei regolamenti condominiali e nelle pattuizioni tra proprietari di fabbricati che hanno in comune il cortile o un'area, si trova scritto che il condomino o il proprietario del fabbricato "A" ha il diritto di parcheggiare sul cortile comune o sul cortile del fabbricato "B".
Si è discusso molto sia tra gli studiosi della materia che fra i giudici se tale diritto di parcheggio sia configurabile come una servitù.
Il nostro Codice Civile richiede quale requisito della servitù la "realità". Cosa significa?
Vuol dire che l'utilità, il vantaggio ricavabile dalla servitù deve essere a favore direttamente del "fondo dominante" in quanto tale e non della persona che parcheggia l'autovettura.
Il vantaggio cioè non deve essere personale ma del bene immobile (fondo dominante) a vantaggio del quale è stata costituita la servitù.
La servitù quindi deve essere "inerente" al fondo dominante e deve costituire un "peso" per il fondo servente.
Nella servitù di passaggio ad esempio fra due fondi confinanti, "l'utilità" è fra i due fondi e il vantaggio sarà a favore del fondo che esercita il passaggio e a carico del fondo che deve sopportare l'esercizio della servitù.
Il vantaggio deve essere diretto, intrinseco, "inerente" al fondo che gode del beneficio, cui corrisponde un "peso" per il fondo che deve sopportare l'esercizio della servitù (fondo servente).
Il vantaggio non è quindi legato alla persona del proprietario con la conseguenza che alla morte del proprietario tale vantaggio viene a cessare: in questi casi si parla di "servitù personale", cioè collegata alla persona del titolare, in contrasto con le "servitù prediali", collegate cioè al fondo e che quindi sono destinate ad avere efficacia anche dopo la morte del proprietario del fondo.
La servitù diventa quindi una sorta di "caratteristica di qualità" del fondo.
È il fondo in sè che ha il diritto di passaggio e non il proprietario del fondo dominante con la conseguenza che nel caso di vendita o di successione del fondo, l'acquirente o l'erede continuerà ad esercitare o a subire la servitù di passaggio così come a suo tempo è stata costituita.
Nel caso di servitù di parcheggio si è messo in discussione, sia tra gli studiosi che tra i giudici, la possibilità di costituirla in quanto mancante del requisito fondamentale della "realità".
Non esisterebbe cioè il collegamento, il legame diretto con il fondo, con l'immobile, trattandosi di un mero godimento a favore del proprietario del fondo che può parcheggiare l'autovettura e quindi sarebbe un vantaggio personale (Cassazione n. 20.409 /2009).
Dopo 15 anni nei quali era prevalente la tesi negativa sono stati chiamate a decidere, dato il contrasto esistente anche presso i giudici della Suprema Corte di Cassazione, le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Con la sentenza n. 3925 del 13 febbraio 2004 è stato composto il contrasto giurisprudenziale affermandosi l'ammissibilità della servitù di parcheggio.
Perché si abbia valida servitù, occorre però in base ai principi generali, che il vantaggio sia a favore di un fondo per una sua utilizzazione migliore e a carico di altro fondo, ben individuato.
Negli accordi fra privati quindi le parti possono ben stabilire che a vantaggio dell'abitazione, che ad esempio non ha un'autorimessa di pertinenza, sia costituita la servitù di parcheggiare l'auto sul cortile vicino su uno spazio ben determinato e individuato anche catastalmente, al fine della trascrizione della servitù.
E tale servitù di parcheggio ha anche un valore economico, che peserà al momento della vendita dell'abitazione.
Pertanto può continuare a costituirsi servitù di parcheggio negli studi notarili con le caratteristiche sopra evidenziate.